A seguito della dichiarata emergenza Coronavirus e dell’impatto economico gravante sulle imprese si è parlato spesso di garanzie statali o pubbliche per i finanziamenti erogati dalle banche a favore delle aziende e dei lavoratori autonomi dal momento che il Decreto Curaitalia ed il Decreto liquidità hanno delineato un sistema di garanzie pubbliche finalizzato a garantire alle banche la possibilità di recuperare il credito in caso di inadempimento del debitore-finanziato. I due decreti hanno quindi esteso e semplificato il rilascio delle garanzie da parte dello Stato, come previsto dalla Legge attraverso l’istituzione del “Fondo PMI”.
Lo scopo principale è stato quello di evitare che gli istituti, in un periodo caratterizzato da un’ipotetica recessione dell’economia, si irrigidissero in ordine alle concessioni di credito con il presumibile timore che il soggetto finanziato si rendesse inadempiente.
L’attuale normativa suddivide diverse tipologie di garanzie:
- Garanzie “dirette”
Con tale garanzia il beneficiario è il soggetto finanziatore, dal momento che, quest’ultimo, in caso di inadempimento del debitore principale, potrà ottenere buona parte del rimborso del prestito dal fondo PMI.
Nel caso dell’inadempimento del debitore la norma consente alla banca la possibilità di rivalersi direttamente sul Fondo per quanto riguarda l’importo garantito (solitamente pari al 80% del finanziamento) anziché continuare a perseguire il debitore inadempiente. Nell’ipotesi della concessione da parte del fondo PMI di una garanzia pubblica dell’ 80% su un contratto di mutuo di € 100.000, l’istituto otterrebbe dal Fondo l’importo di € 80.000 a titolo di garanzia diretta, mentre per i restanti € 20.000 la banca potrà rivalersi sul debitore principale in quanto non coperti da garanzia pubblica.
Il Debitore inadempiente quindi si troverà a dover corrispondere:
- Alla banca l’importo di euro 20.000,00 ovvero la quota non coperta dalla garanzia;
- Al Fondo PMI (e, quindi, allo Stato), il quale, limitatamente all’importo pagato alla banca, subentrerebbe nella posizione di creditore principale, originariamente vantata dalla Banca, per la parte coperta dalla garanzia diretta pari a € 80.000.
- Controgaranzie (denominate anche “Riassicurazioni”)
In questo caso il soggetto beneficiario è rappresentato dal CONFIDI ovvero soggetti che hanno il compito istituzionale di concedere delle garanzie per le richieste di finanziamento delle PMI, fino ad una copertura solitamente massima del 50% dell’importo finanziato. Ad esempio, nel caso del finanziamento di € 100.000, CONFIDI potrebbe garantire il credito per l’importo parziale massimo di € 50.000. La soglia massima della controgaranzia è del 80% dell’importo garantito, quindi tornando all’esempio (l’80% del 50%) la banca sarà coperta per euro 40.000,00.
Conseguentemente, in caso di inadempimento, la banca potrà richiedere al debitore l’importo non garantito di € 50.000 e, contestualmente, escutere la garanzia di CONFIDI per i restanti € 50.000. Dopo aver pagato, CONFIDI (oppure la banca, a seconda degli accordi) potrà chiedere al Fondo PMI l’80% dell’importo garantito, equivalente alla somma di € 40.000.
Il Debitore inadempiente quindi si troverà a dover corrispondere:
- Direttamente alla banca la quota non coperta, nel caso ad euro 50.000,00;
- A Confidi la quota non coperta dalla controgaranzia del Fondo PMI, quindi euro 10.000,00;
- Al Fondo PMI (e quindi allo Stato) alla parte coperta sia dalla garanzia di CONFIDI che dalla controgaranzia del Fondo PMI pari a € 40.000
A seguito delle prescritte inadempienze il fondo PMI, con il supporto dell’Agenzia delle Entrate per la Riscossione, potrà avviare le procedure per il recupero coattivo del credito nei confronti del debitore principale, con due differenze rispetto agli ordinari strumenti processuali previsti a favore degli altri creditori privati:
- la procedura semplificata prevista dal D.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 per la riscossione dei tributi erariali che, a differenza dell’ordinaria procedura esecutiva, comporta un’accelerazione delle tempistiche previste per il recupero del credito (si pensi al fatto che tale credito risulta già di per sé un titolo esecutivo, con la conseguenza di derogare alla necessità di chiedere una sentenza giudiziale e di notificare preventivamente il “precetto”, ossia l’atto propedeutico all’esecuzione forzata);
- la qualifica del credito come “privilegio” ai sensi dell’art. 2741 c.c., il cui riconoscimento, in un processo esecutivo, comporta la possibilità di recuperare il proprio credito dagli eventuali ricavi derivanti dalla procedura esecutiva in via prioritaria rispetto agli altri creditori (anche se intervenuti nel processo esecutivo molto prima o abbiano essi stessi azionato la procedura), la cui richiesta di pagamento verrà postergata a seguito del soddisfacimento totale del credito da parte dello Stato (quindi, in altri termini, se il debitore principale dovesse avere ulteriori creditori, questi ultimi, in quanto “non privilegiati”, prima di ottenere la soddisfazione del proprio credito, dovranno attendere la soddisfazione integrale del credito dello Stato).
Vi è da dire che il nuovo istituto della composizione negoziata consente accordi transattivi con il Fondo di garanzia per le Pmi.
Le imprese che hanno concrete prospettive di risanamento e che accedono alla composizione negoziata possono formulare proposte di accordi transattivi con il gestore del Fondo di garanzia per le Pmi, una concessione di non poco conto visto che le assumption che hanno portato molte imprese ad indebitarsi per uscire dall’emergenza sanitaria non prevedevano le ripercussioni della guerra in Ucraina ed il conseguente aumento dei prezzi e dell’inflazione.